di Alessandra Savino
Fotoreporter e stampatore di fama internazionale, Antonio Manta è stato ospite del RigeneraSmARTcity, il Festival delle Periferie appena conclusosi a Palo del Colle. Un festival che propone l’invasione delle strade da parte di ogni forma d’arte non poteva escludere la fotografia. Presente, quest’ultima, nella veste di mostra multimediale, allestita nello spazio esterno adiacente al Laboratorio Urbano Rigenera, ha visto protagonista proprio Manta. Un ‘gigante’ della fotografia dall’inconfondibile accento toscano capace di addentrarsi con delicatezza, in punta di piedi, in realtà difficili. Ad essere ritratti negli scatti proiettati sugli schermi del festival sono stati, infatti, volti di persone incontrate in ospedali psichiatrici di tutto il mondo. Le periferie del mondo. Un progetto fotografico intitolato “L’uomo contrario” che, grazie all’acuto obiettivo di Manta, pone l’osservatore difronte ad una consapevolezza: la condizione di emarginazione può appartenere a chiunque. Ho incontrato Antonio Manta fra gli stand espositivi di questo festival del sud Italia, una periferia trasformata in centro, e ho avuto il piacere di stringergli la mano, una stretta decisa, di quelle che non si dimenticano. Dì lì, poi, le domande per un’intervista sono sorte spontanee.
Chi è l’uomo contrario?
L’uomo contrario sono io perché quella che è considerata la normalità, io l’ho sempre vista in modo diverso, sempre sentita in modo molto diverso.
Queste fotografie esposte al RigeneraSmART City dove sono state scattate?
In ospedali psichiatrici di tutto il mondo, dall’India allo Sri Lanka, Togo, Uganda. Sono viaggi che faccio per lavoro, per fotografare, durante i quali mi ritaglio del tempo per cercare di entrare in queste realtà. Ad esempio, in Uganda, sono passato dalle carceri dove sono rimasto tre giorni per capire come si svolgesse la vita lì.
Quindi sceglie sempre luoghi emarginati da ritrarre?
In realtà sono luoghi che tutti considerano emarginati dove, invece, si incontrano persone che sono come noi.
Ha immortalato soprattutto volti: cosa cerca negli occhi questa gente?
Gli occhi, come il corpo rappresentano l’ottanta percento del dialogo, la parola ne costituisce solo il venti percento. Visto che con queste persone non posso dialogare attraverso la parola poiché parlano diverse lingue, l’unico sistema per farmi capire e farmi accettare è quello di dialogare con gli occhi.
Qual è stato il sentimento che traspariva maggiormente dai loro sguardi?
La tranquillità, la non aggressività, l’accettare che io fossi lì sebbene fossi diverso da loro. Diverso per il colore della pelle, perché ero capitato lì chiedendo di entrare.
Come si approcciavano all’obiettivo fotografico?
Io mi considero un fotografo anomalo perché non ho sempre la macchina fotografica in mano e scatto pochissimo. Nonostante i miei centodieci chili, riesco a diventare invisibile mentre scatto una foto.
Da cosa dipende la scelta del bianco e nero?
Ho sempre lavorato in bianco e nero, ci sono affezionato, mi piace non distrarre col colore dal messaggio che voglio mandare. E’ una scelta personale, io lavoro tutto in banco e nero nonostante io sia un tecnico del colore.
Al momento è impegnato in altri progetti?
Ne ho diversi aperti. Ho da poco inaugurato una mostra e probabilmente produrrò un libro sulla solitudine del bar
C’è un luogo del mondo in cui non è ancora stato e dove vorrebbe scattare delle foto?
Ce n’è tanti dove vorrei andare, non uno in particolare, e spero di farcela.
I suoi soggetti sono sempre uomini?
Sì, diciamo che categorizzandomi, mi definirei un reportagista.
Comments 3
Brava Alessandra!
É vero ,Manta é un grande.
Lui dialoga in tutte le lingue del mondo con una sola lingua:la lingua degli occhi,la lingua del l’anima.
E va a toccare proprio al profondo del l’anima!
Lui fa quel dialogo non solo con le persone che incontra e scatta ma anche con loro che hanno la possibilità di vedere i suoi lavori,tramite la foto.
E un Grande Uomo ” Contrario”!
Bellissima, ma soprattutto, interessante lezione di fotografia … e generosa condivisione di pensiero!!
Affermi delle cose di gran pregio da cui traspare tutta la tua “umanità”. Anch’io credo che l’emarginazione non esista credo invece che i veri emarginati che credono di emarginare siano i “politici” che esercitano un apparente “possesso” forse proprio perché sanno di essere vuoti come “vuoti a perdere”. Condivido in pieno ciò che che affermi in questa intervista