di Alessandra Savino
Non è semplice intervistare uno scrittore senza essere rapiti dai suoi racconti, a tal punto da dimenticare la domanda postagli in origine. Hanno quella capacità di condurti in luoghi, epoche e situazioni, talvolta surreali, e di estraniarti da ciò che ti circonda. Roberto Gassi è uno di loro. Al suo secondo romanzo, con il terzo nel cassetto che aspetta solo di essere pubblicato, ha già lasciato intendere chiaramente ai suoi lettori gli ‘accordi’ distintivi delle sue pagine. Pagine in cui la passione per il thriller, la cinematografia e una simpatica curiosità verso il mondo degli insetti, si incontrano e fondono dando vita a romanzi accattivanti. Fra le mura di Asteria Space, Roberto ha svelato come nascono i personaggi e le trame dei suoi libri e quali storie ha in mente per il futuro.
Quando hai impugnato la penna per la prima volta?
Io scrivo principalmente al computer ma, a dirti la verità, ho ripreso da qualche anno a scrivere con la penna su carta. Ovviamente non scrivo tutto il romanzo a mano ma buone parti, dei tratti che voglio fissare e che poi trascrivo al computer. Non c’è un momento preciso in cui io abbia iniziato. Da ragazzino ho sempre scritto e sicuramente ho letto tanto. Tutto è nato, poi, con il primo romanzo, “La mosca bianca”, frutto di un’esperienza personale. A lavoro avevamo subito una rapina che avevo iniziato a raccontare agli amici. A tutti piaceva il mio modo di esporre l’episodio e ho deciso di scriverlo. Da quel momento non mi sono più fermato e ho scritto varie storie.
Parlaci di questo primo romanzo…
E’ ambientato nel mondo del lavoro. Inizia con il primo articolo della Costituzione Italiana. Sembra un libro di racconti perché ogni capitolo ha un titolo però in realtà c’è un filo conduttore che li lega tutti quanti e solo arrivando alla fine si capisce che è un romanzo. Dopo averlo ultimato ho iniziato a cercare un editore ed è stata una bella fatica perché ce ne sono pochi che, come capitani coraggiosi, investono su quello che fai.
Come hai incontrato Alessio Rega, il tuo editore?
Nel 2011 era stato pubblicato un concorso nazionale online che si chiamava “Narrando” e il primo premio consisteva nella pubblicazione gratuita di un determinato numero di copie del libro. Così, decisi di partecipare, passai le varie selezioni e alla fine vinsi il concorso. Il mio libro fu pubblicato nel 2012 senza spese da parte mia, la casa editrice mi ha seguito in varie presentazioni. Da lì è iniziata la mia avventura letteraria. Nel 2021 saranno passati dieci anni dalla pubblicazione e stavo pensando, per l’occasione, di rieditarlo.
I tuoi romanzi sono caratterizzati dal gusto per il noir…come mai?
E’ sempre stata una passione legata sia all’ambito cinematografico che letterario. Ciò che mi affascina è l’effetto sorpresa, la capacità di creare una trama in grado di sorprendere, piena di imprevisti e colpi di scena. Mi piace molto pensarli, immaginarli e scriverli. Poi, la giusta dose di violenza, secondo me, non deve mai mancare. Infine, intingo sempre i miei scritti nel surreale perché i miei riferimenti sono “Mr Vertigo” di Paul Auster e “Pulp” Charles Bukowski. Le storie devono essere ambientate nella cruda realtà, anche contemporanea, con quel tocco di surreale, di magia, che va oltre il confine.
Ricordi il primo libro che hai letto?
Credo sia stato “Siddharta” di Hermann Hesse. andavo a scuola ma non ricordo esattamente quanti anni avessi.
Film preferito?
Ce ne sono tanti, soprattutto quelli di Sergio Leone. “C’era una volta in America” mi piace molto ad esempio. Poi ci sono i film di Tarantino e Scorsese tra i miei preferiti.
Pensi che i tuoi romanzi potrebbero avere una trasposizione cinematografica?
Non ci avevo mai pensato anche se, a dirti la verità, molti me lo hanno chiesto probabilmente perché il thriller si presta. Diverse persone hanno definito la mia una scrittura ‘visiva’, credo perché io tendo ad elaborare molto prima di scrivere. Elaboro molto visivamente nella mia mente e poi mi sfogo sulla pagina bianca di Word.
Il secondo romanzo, “L’uomo con la testa di scarabeo”, è ambientato in un paese non definito della Puglia: se dovessi immaginare un luogo preciso, quale sarebbe?
Sicuramente un paesino a sud, ovvero Otranto. Lo si intuisce dalla prima descrizione quella del mosaico della chiesa e le stradine. Il libro si apre con <<Da qualche parte nelle Puglie…>> e non ho voluto citare una località in particolare per dare più ampio respiro in modo che il lettore possa ambientarlo dove meglio crede.
Come costruisci i dialoghi dei tuoi romanzi?
Nel caso dell’ultimo, avevo in mente la storia thriller. Ho giocato facile sulle descrizioni perché lavoro nel mondo dei trasporti e della logistica. Quindi ho deciso di ambientarlo nei magazzini riprendendo qualcosa dal primo romanzo. Avevo ben chiara l’ambientazione, come si dovesse svolgere la trama. L’inizio e la fine li avevo in mente, poi tutto il resto l’ho costruito man mano. I dialoghi li penso molto in funzione della scena e cerco di costruirli di conseguenza. Li butto giù e poi magari nella fase di rilettura cerco di sistemarli. Una volta che inizio a scrivere non mi fermo più e alla fine rileggo tutto. Per me deve funzionare tutto come una canzone, quindi per capire se c’è una nota stonata rileggo ciò che ho scritto registrandomi. Se mi accorgo che all’udito scorre allora non modifico nulla, ma se c’è qualcosa che si inceppa allora la rivedo.
Per la descrizione dei personaggi ti ispiri a persone realmente conosciute?
Per quanto riguarda le varie squadre di operai, sono frutto della mia immaginazione, soprattutto per quanto riguarda la squadra dei faraoni che è quella più pericolosa. Per ogni personaggio ho creato dei piccoli flashback in cui spiego il percorso che li ha portati ad arrivare in quel punto della storia. Ci sono altri personaggi, come il lanciatore di fazzolettini, Argentina, il barbone del Montenegro che traggono ispirazione del quartiere in cui vivo. Si tratta di persone che ho visto per diverso tempo, mi hanno incuriosito per un loro particolare e ho deciso di inserirli nel romanzo. Si tratta di personaggi che fanno da cornice però mi piace molto prendere ispirazione della strada.
Magari alcuni incontrati durante un viaggio?
Esatto, c’è un racconto breve che ho scritto, e spero di pubblicare, che narra di un viaggio in Romania. E’ partito tutto dal fatto che ero a Timișoara e in Piazza Vittoria c’era un uomo anziano che aveva una bilancia. Arrivava li ogni pomeriggio, esponeva un cartello dove era scritto che per un leu, la moneta romena, potevi pesarti. Ero talmente affascinato da questa cosa che ho iniziato ad immaginare che quest’uomo non fosse un semplice pesatore ma che si potesse andare da lui che, dopo esserti pesato ti diceva il peso della tua anima. Da qui è nato questo racconto breve circa tre anni fa che ho nel cassetto.
Cos’ altro hai nel cassetto che attende di essere pubblicato?
Certo, c’è il secondo volume ultimato della ‘bilogia dell’insetto’ di cui fa parte “L’uomo con la testa di scarabeo”. Dovrebbe uscire ad ottobre 2020 e s’intitolerà “La foresta delle farfalle monarca”.
Prima scarabei, ora farfalle, mosche nel primo libro…da dove nasce questa passione per gli insetti?
Leggo molto National Geographic dove si parla spesso di insetti. Per quanto riguarda “La mosca bianca”, avevo letto un articolo su National Geographic proprio su questo insetto. Poi su youtube scovai una canzone degli anni ’60 di Ambra Borelli, scritta da Battisti e intitolata “La mosca bianca”. Quindi decisi di dare quel titolo al libro. In generale comunque sono molto affascinato dagli insetti perché sono degli esseri piccolissimi che nascondono un universo immenso.
Parliamo un po’ de “La foresta delle farfalle monarca”…
E’ sempre un thriller. In realtà, di questa bilogia ho scritto prima il sequel, “L’uomo con la testa di scarabeo” e poi il prequel, “La mosca bianca”. Mi sono chiesto cosa preferisse leggere la gente di una bilogia e ho pensato di invertire l’ordine nella pubblicazione.
L’ambientazione è sempre quella di una Puglia immaginaria?
La Puglia c’è anche in questo romanzo ma in realtà viene raccontato un viaggio.
Dopo questa bilogia cosa hai in mente di scrivere?
Ultimamente stavo pensando ad una storia ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale, sempre un thriller, il primo mio libro ambientato in un’epoca passata.
C’è una scena descrittiva o un dialogo di cui sei particolarmente orgoglioso ne “L’uomo con la testa di scarabeo”?
Diciamo che sono orgoglioso in generale del riscontro ottenuto. Sono molto soddisfatto di come sono riuscito a trattare il tema dell’integrazione razziale dosando quello che è il mio pensiero e le parole.
Un personaggio a cui ti sei affezionato particolarmente?
Prima di tutto il protagonista, Erol, a cui ho dato un po’ di qualità che io non ho. E’ un idealista, ha un forte senso della giustizia. Poi c’è il lanciatore dei fazzolettini di carta che mi ha tormentato per diverse mattine ai semafori mentre andavo a lavoro. Poi gli ho dato un contrappeso perché in realtà nel mio romanzo è un ex manager laureato alla Bocconi ritrovatosi in disgrazia per la crisi economica.