di Alessandra Savino
Concetta Antonelli, in arte e per gli amici Cetty, è una di quelle persone con cui resteresti a parlare per ore avvolto dal calore della sua voce e dalla dolcezza del suo sguardo. Lo sguardo di chi sa come scrivere e, soprattutto raccontare fiabe perché ha visto in esse una metafora della vita. Vissuta un po’ in tutta Italia si definisce, ironicamente, una casalinga con molte riserve e qualche optional. La scrittura l’accompagna sin da quando era bambina ed oggi può vantare la vincita di numerosi concorsi letterari. La sua penna attinge ad un ricco vocabolario pur non perdendo di vista la chiarezza del linguaggio che caratterizza non solo le fiabe ma anche numerose poesie di cui è autrice. Nel 2017 ha, infatti, pubblicato tre libri di fiabe, “Le avventure di Ciottolina”, (Ed. Les Flâneurs) mentre “Panni al sole” è la prima raccolta completa delle sue poesie, vecchie e nuove. Quest’anno ha visto la pubblicazione del suo ultimo libro, la raccolta “Racconti di Natale” che sarà presentato nell’Art Showroom di Asteria Space il 21 dicembre alle ore 18:00 in occasione dell’evento “A CUP of ART”.
Quando e su quale supporto hai iniziato a scrivere?
Da sempre, da quando ero piccola ed ho imparato a scrivere. Sicuramente su carta con penna o matita. Poi ho continuato durante l’adolescenza con sempre maggiore voglia che non fosse solo un passatempo ma che potesse essere un mezzo per comunicare con gli altri. Volevo che questo sogno uscisse dal cassetto. Quando ne ho avuto la possibilità è accaduto. Prima con le fiabe che mi veniva spontaneo raccontare ai miei figli e a me stessa. Inizialmente ho cercato contatti ma non ci sono riuscita poiché ero fuori da quel mondo. Poi sono approdata ad un corso di scrittura creativa presso l’Università della Terza Età tenuto da una persona splendida, purtroppo scomparsa, Rossella Lovascio. Con lei ho cominciato a confrontarmi e a capire che esporsi agli altri con ciò che si scrive e si pensa può essere anche una forma di umiltà. All’inizio temevo poetesse essere una forma di superbia. Invece, siccome ho capito che gli altri sentono ciò che sento io, c’è chi lo esprime e chi no, quello è stato il momento in cui ho iniziato ad aprirmi attraverso la scrittura. Prima con pubblicazioni antologiche e adesso con pubblicazioni personali.
Hai iniziato, quindi, scrivendo fiabe…quale è stata la prima e come è nata?
Le fiabe sono state le prime che ho portato fuori. Tutto è nato con quelle di Ciottolina, un personaggio che nasce da un teatrino realizzato per i miei figli durante il periodo in cui erano bloccati a casa dalla varicella. C’era la necessità di passare il tempo facendo qualcosa di bello, così è nato questo teatrino di burattini e la voglia di raccontare storie. E’ stato circa trent’anni fa e una decina di anni dopo la fiaba è stata scritta. Poi tra il 2017 e 2018 ha dato vita ai libri di Ciottolina.
Per scrivere fiabe ci vuole una grande fantasia…da dove trai la linfa necessaria?
Sicuramente dall’aver letto molti libri, sono sempre stata una fortissima lettrice e il mondo delle fiabe non ha mai smesso di affascinarmi. A casa ho una raccolta di fiabe di quasi tutto il mondo, da quelle africane, a quelle russe. Lo ritengo un mondo senza tempo un po’ come il mito sul quale ho fatto ultimamente un discorso con la scrittrice Rita Lopez che ha pubblicato libri legati al mito. La fiaba per me è quel luogo senza tempo in cui i sentimenti fondamentali ci sono sempre: l’amore, l’avventura, il rischio, la delusione, la lotta per risolvere una situazione. E’ un po’ una trasposizione della vita.
Un libro di fiabe è scritto per essere letto ad alta voce ad un bambino a differenza di un romanzo per adulti…
Io non credo alle persone che dicono di scrivere solo per sé stesse perché nel momento in cui hai tirato fuori qualcosa dalla tua fantasia o dalle tue emozioni e hai scritto qualcosa su foglio, hai voglia di porgerlo a qualcun altro, consciamente o inconsciamente. La fiaba è certamente un modo per comunicare con i bambini. Me ne sono accorta sia raccontandole che ascoltandole, perché da bambina me ne hanno raccontate nonni e genitori. Nel momento in cui leggi una fiaba ad un bambino e riesci a coinvolgerlo, perché devi concorrere con i cartoni animati, tablet e cellulari, hai stabilito un ponte con lui. Quello è il tempo più bello, quello trascorso insieme in quel momento. Quindi, diciamo, che una fiaba è pensata e scritta in maniera naturale per essere offerta.
Allora il linguaggio dovrà essere adatto ad un bambino?
Questo è un problema che mi sono posta. Il mio linguaggio, pur essendo chiaro, limpido, non è sempre semplice. Non so se questo dipenda dagli innumerevoli libri letti che mi ha permesso di avere un lessico abbastanza ricco rispetto a quello di un bambino. Quindi, inizialmente mi ero posta il problema di usare espressioni più comuni. Ad esempio in una fiaba, ad un certo punto, parlo del ‘desinare’, termine che un bambino difficilmente conosce. Però ho pensato che questi libri sono scritti per essere letti insieme ad un bambino. E’ un modo attraverso cui bimbo e narratore possono fare insieme una ricerca o possono stabilire un momento di contatto nato dalla fiaba. Le illustrazioni ci sono però sono relative perché vorrei che fossero le parole a suggerire le immagini nella mente dei bambini.
Dunque, secondo te un libro di fiabe non deve essere necessariamente illustrato?
Sicuramente dipende dall’età a cui è destinato. Nei miei libri di fiabe punto più sul costruire immagini interiori che vengano suggerite dalle parole. E’ stato fatto un esperimento con queste fiabe in una scuola media e i disegni prodotti dai bambini dopo averle lette li conservo tutt’ora. Anche in una scuola elementare, dopo la lettura di Ciottolina, gli alunni hanno provato a scrivere delle fiabe con gli stessi protagonisti e sono nate cose deliziose.
I libri di Ciottolina hanno dei titoli che rimandano ad un’ambientazione di montagna tra boschi, funghi e folletti…come mai?
Non c’è una ragione personale perché in realtà personalmente ho praticato più il mare che la montagna. Però, se parliamo del bosco, sicuramente il valore psicologico che ritroviamo in quel luogo è molto forte, è un archetipo. Il bosco e la foresta rappresentano la vita. Quindi, trattandosi di fiabe con uno schema classico in cui è evidente il problema, l’allontanamento, il ritorno, la sfida, il bosco mi sembrava l’ambiente naturale. Le fiabe marinare, invece, le vedo più leggende.
Il nome Ciottolina da dove deriva?
Dai bambini. Credo sia venuto fuori proprio da loro. E’ stato molto simpatico un mio caro professore che ha detto riguardo il nome di questo personaggio che gli faceva venire in mente un gioco di parole <<bacetti, baciotti, baciottoli>>. Questo per dire che è un nome di tenerezza adatto al mondo dei bimbi.
Oltre alle fiabe, scrivi anche poesie…ricordi a quando risalgono i tuoi primi versi?
Si, avevo undici anni, lo ricordo e posso dirti che c’è un fattore comune tra poesie e fiabe che è l’amore per la vita. Sia nelle poesie che nelle fiabe ci sono io con le emozioni, le esperienze, con la mia vita. Ci sono io come essere umano e ho buttato su carta queste emozioni. Parlare di poesie è molto complesso. In “Panni al sole”, il mio libro, ci sono dei punti di poesia e spero di aver scelto un linguaggio armonioso. Nel momento in cui se ne è parlato in pubblico e ho visto la gente comprendere, mi sono sentita legata a loro dal un filo e ne sono stata felice. Il risultato per me così è raggiunto perché abbiamo comunicato.
Perché il titolo “Panni al sole”?
La quarta di copertina dice tutto. La simbologia è molto forte: i panni sporchi si lavano in famiglia, bucato steso al sole un sorriso…sono tanti i luoghi comuni che rappresentano il nostro sentire generale. Per me stendere la roba è un rito distensivo: le mani lavorano mentre la mente lavora per conto suo. Nel momento in cui hai la sensazione di avere compiuto, pulito e sistemato qualcosa e di averla esposta splendente e profumata, così accade con i pensieri e le emozioni. E’ un’analogia. Poi mi sono ritrovata nel quadro di Michele Agostinelli, quadro e libro sono nati in due momenti diversi così’ come io e lui abbiamo fatto due percorsi diversi per poi ritrovarci nella vita.
Cosa caratterizza le tue poesie?
Lo stile certamente, mi auguro si sia raffinato. Fondamentalmente c’è un discorso di chiarezza e semplicità ma non banalità. Non riesco a scrivere poesia che abbiano il loro valore nel mistero e nel suono. Nelle mie poesie è comprensibile ciò che voglio dire. Sono versi che nascono dalla vita, da un’emozione forte. Non ho un luogo ideale di scrittura. Sebbene alla fine converga tutto sulla scrivania nel mio studio, l’emozione può nascere in un luogo e momento qualunque ed è allora che va fissata su carta.
Parliamo della tua ultima pubblicazione…ha sullo fondo il Natale?
Sono una serie di racconti legati da un fil rouge natalizio. Infatti il libro s’intitola “Racconti di Natale”. Nello specifico, si tratta di quindici racconti di cui alcuni più lunghi e altri brevi. Più della metà è stata insignita di premi letterari. Creare una raccolta con questo filo conduttore è stato molto intrigante perché, come ho scritto, è il Natale che incontra le vite delle persone. Sono tante piccole sceneggiature, più o meno complesse, che hanno un momento clou nel periodo natalizio. Si tratta di racconti scritti negli anni, legati prima di tutto alle vite dei quindici personaggi e poi al Natale che le attraversa. Sono racconti senza tempo adatti ad un pubblico di grandi e piccini.