di Alessandra Savino
Dopo il successo delle mostre personali dedicate alla Cina e a Cuba, Giuseppe Savino, fotografo da oltre vent’anni, è approdato quest’anno, fra l’8 e il 19 marzo, in Sri Lanka realizzando un suggestivo reportage fotografico su quei luoghi senza tempo. Alcuni scatti sono esposti nell’Art Showroom di Asteria Space e molti altri potranno dar vita ad una nuova esposizione fotografica, oltre ad essere parte integrante del libro “Egatroper” pubblicato dal fotografo pugliese. In questa intervista, Savino spiega la differenza tra viaggio turistico e viaggio fotografico raccontandoci alcuni aneddoti della sua esperienza in Asia. Tra una domanda e l’altra ci svela poi quale potrebbe essere la sua prossima meta.
Quando è avvenuto l’incontro fra la tua fotografia e il viaggio?
E’ nata quasi per gioco il discorso di fotografare i vari popoli. Io ci lavoro da più di vent’anni con la fotografia in un ambito totalmente commerciale differente da quello dei viaggi. Dopo il primo viaggio è nata la curiosità di conoscere nuovi popoli con tradizioni e culture differenti dalle nostre. I viaggi fotografici che ho realizzato fino ad ora sono stati in luoghi non turistici, non commerciali perché sono quelli che mi attirano. Sono stato sia in Asia vedendo la Cina, la Birmania, lo Sri Lanka, che dalla parte opposta, ovvero in America Centrale.
Quale è stata la prima meta che hai visitato?
Il primo Paese visitato da me è stata la Cina che è caratterizzata da un bel divario fra lussuosi grattaceli e baracche che ho messo in risalto nelle foto. Quel viaggio non era nato con l’idea che avrebbe dato vita ad una mostra. A partire da quell’esperienza è nata l’esigenza di spaziare ed uscire dalla routine commerciale. Questi viaggi rientrano in quella che definirei ‘la fotografia del cuore’. Questo tipo di viaggi li faccio in momenti di pausa dal mio lavoro quotidiano, più o meni tra novembre e marzo.
Qual è la durata dei tuoi viaggi?
Circa due settimane durante le quali, nei viaggi passati, sono tornato a casa con più di tremila scatti. In Sri Lanka ho pensato di fare un lavoro più mirato di circa mille scatti. Negli altri viaggi c’era uno scatto più compulsivo mentre nell’ultimo ho voluto cogliere maggiormente un’emozione un attimo, un frame delle varie situazioni viste.
Cosa ti ha portato a questa scelta?
Tornando in studio da ogni viaggio, ho cercando di imparare da ciò che avevo fatto. Mi sono reso conto che nei primi viaggi c’erano scatti che potevano non raccontare nulla. Io non sono un fotografo paesaggistico, mi piace fotografare le espressioni, gli occhi della gente, le mani, la gestualità.
Quali sono i particolari che catturano la tua attenzione?
Nella quotidianità ci sono quei momenti, quelle azioni che suscitano delle emozioni. Ciò dipende sia da ciò che vedo ma anche da ciò che provo in quell’istante. E’ una combinazione di fattori.
Quali sono le immagini che maggiormente ti sono rimaste impresse in Sri Lanka?
Tutto ciò che ho visto ormai fa parte del mio io. Una cosa che mi ha particolarmente coinvolto è stato il modo di vivere dei bambini monaci in monasteri sulle montagne. La loro destinazione non è necessariamente quella di diventare monaci buddisti però è una forma di educazione che ricevono sin da piccoli per poi apprendere nozioni da riportare nella vita di tutti i giorni. Alcuni proseguono questa vita monastica altri no. Loro mi hanno accompagnato per un giro turistico ed avevano una capacità di arrampicarsi mentre camminavano totalmente scalzi.
La scelta del bianco e nero per la stampa delle foto dello Sri Lanka a cosa è dovuta?
Il bianco e nero toglie all’osservatore delle foto quel colore che tende a distrarlo da quello che potrebbe essere un gesto o un’espressione ritratta. Serve a far concentrare lo sguardo sul contenuto piuttosto che sul colore. Inoltre, il bianco e nero toglie il tempo alla fotografia che potrebbe quindi essere stata scattata oggi come ieri.
Quale scenario hai trovato in Sri Lanka?
Villaggi, strade sterrate gente che cammina scalza senza problemi vivendo in maniera molto serena. Dai loro visi non scaturiva disagio ma consapevolezza di ciò che hanno. Si pensa che, però, molte cose fra una decina d’anni spariranno. Molte situazioni permarranno solo come attrattiva turistica. Ad esempio, già ora c’erano dei pescatori che esibivano un cartello con su scritto ‘pescatori per turisti’ e salivano su un traliccio solo se pagati dal turista.
Qual è la prossima meta che hai in mente?
Stavo organizzando un viaggio in Bangladesh con un gruppo di colleghi per il mese di agosto ma ci è stato vietato dalla Farnesina per il rischio attentati. Ci sono tante altre mete che vorrei raggiungere. Ad esempio mi piacerebbe molto visitare il Giappone antico e non ti nascondo che vorrei tornare in Perù per esplorare zone meno turistiche da quelle ho visto.
Comments 3
Bellissimo mestiere mi piacerebbe tanto
Un grande sognatore
Conosco Giuseppe da quando era solo un apprendista da suo padre, è sempre stato un grande,una persona splendida e dolcissima, sono felice e fiera di quello che è diventato e gli auguro il meglio.