A tu per tu con…Ivan Cavini
di Alessandra Savino
<<Un drago non è una fantasia oziosa. Quali che possano essere le sue origini, nella realtà o nell’invenzione, nella leggenda il drago è una potente creazione dell’immaginazione umana, ricca di significato più che il suo tumulo sia ricco d’oro>>. Così descrive queste creature, tanto imponenti quanto misteriose, John R. R. Tolkien, padre di quel filone letterario che colloca le sue storie nel fantastico mondo della Terra di Mezzo. Un universo in cui si trova pienamente a suo agio Ivan Cavini, illustratore e set designer incontrato far gli stand del Lucca Comics & Games 2019. Il suo impegno ventennale nell’arte tolkieniana l’ha portato a realizzare copertine per numerosi saggi sulle opere del noto scrittore britannico. All’attività di disegnatore, Cavini affianca quella di direttore creativo per Greisinger Museum, il museo svizzero che ospita la più grande collezione di opere ispirate alla Terra di Mezzo. E’ stato proprio lui ad aver progettato e realizzato scenografie e allestimenti popolati da gigantesche creature. Porta la sua firma anche un enorme drago che ha creato per “FantsticA”, la biennale d’arte del fantastico che dirige all’interno del suggestivo castello di castello di Dozza (BO). Ascoltare Ivan Cavini parlare di questo mondo mi ha catapultato in quelle ‘terre’ fra personaggi al confine tra fantasia e realtà, regalandomi un piacevole momento alla scoperta della Terra di Mezzo.
Qual è il compito di un set designer?
Ho sempre avuto vari interessi artistici e definirmi illustratore e set designer mi aiuta a coprire un po’ tutto quello di cui mi occupo. Il set designer, nell’accezione inglese, è più ampio come termine, perché, a differenza della definizione di scenografo, comprende anche le scenografie digitali che fanno parte del mio lavoro. Quindi, sono un set designer perché ho lavorato per studi televisivi come RaiSat, ho realizzato ambientazioni per convegni, ma anche scenografie tradizionali per teatri e musei. In particolar modo per il Greisinger Museum che possiede la più grande collezione al mondo su Tolkien. Dunque, questa definizione copre tutte le mie attività.
Progettare scenografie e disegnare copertine di libri: in quale ruolo si sente più a suo agio?
In questo mondo dei comics avere una specializzazione è un aspetto che avvantaggia il professionista. Se sei riconoscibile in un settore, diventi più autoriale e, quindi, più competitivo in campo lavorativo. A me piace fare un po’ tutto e penso di essere ad un buon livello in vari settori. Ma nel momento in cui mi confronto con chi, invece, è specializzato in uno in particolare di questi campi, mi sento un po’ indietro. Quindi vivo nella perenne convinzione di essere ad un livello medio di bravura, però riesco a muovermi in diverse direzioni. Vedere pubblicati i miei disegni è stato il primo sogno e all’interno dell’illustrazione stessa, sebbene molte copertine le realizzo in digitale, a volte ho voglia di cambiare direzione e sento il bisogno di passare ai disegni a matita. Sono molto curioso e mi piace sperimentare in più campi.
Tante attività che convergono nell’universo di quella che è definita la Terra di Mezzo…si è sempre dedicato a questo mondo?
Io ho iniziato a lavorare nel campo dell’illustrazione per l’infanzia a fine anni ’80. All’epoca non c’erano tante scuole di comics come ora, quindi ero un autodidatta e lavorare nell’illustrazione significava essere in quel settore lì. Ho cominciato a lavorare con Franco Panini Ragazzi e realizzavo album di figurine. Tuttavia, la mia passione era il fantasy per il quale c’era domanda ma poca offerta. Quindi, organizzando mostre, mi sono avvicinato al mondo di Tolkien e la Società Tolkieniana mi commissionò alcuni lavori. Ad oggi mi occupo sia di questo mondo che di altro. Ho realizzato di recente un gioco da tavola che si chiama “Barbarians”.
Che lavoro c’è dietro la pubblicazione di “Middle Artbook – Disegnare e costruire la Terra di Mezzo”?
Mi ero accorto che dopo il Greisinger Museum e la Società Tolkieniana si era concluso per me un periodo, pertanto dovevo chiudere un capitolo e raccontare quello che era successo per poi affacciarmi a nuove esperienze. La maggior parte di questo mio libro parla del Greisinger: ho raccontato questi primi dieci anni di lavoro con Tolkien che sono sfociati appunto nel museo di cui attualmente rivesto ancora il ruolo di direttore creativo. E’ stata una scuola, non solo professionale, anche di vita.
Gestire un museo così settoriale può essere complesso, secondo lei, se si vogliono coinvolgere pubblici non necessariamente interessati a quel mondo?
Noi italiani abbiamo l’idea che il museo debba accogliere la gente, interessarla, raccontarle qualcosa, catalogare, archiviare. Nel caso del Greisinger c’è un imprenditore, un collezionista che si è innamorato di un film. Come tutti i collezionisti vuole mostrare la sua collezione al pubblico. Il concetto di museo in questo caso è differente. I tedeschi poi hanno un gusto degli spazi totalmente differente da quello dei musei italiani. Nel Greisinger l’obiettivo era esporre per cui ho pensato di tematizzare, l’idea è piaciuta ed ho avuto carta bianca nell’allestimento, ambientazione, disposizione delle sale. Sento di dover ringraziare Bernd Greisinger che ha avuto piena fiducia in me dandomi questa grande opportunità. Quando ha visto che avevo interpretato e ampliato la sua visione ne è stato felice ed ha apprezzato il mio lavoro.
Lei è anche direttore di FantastikA, la biennale d’arte del fantastico che si svolge nel castello di Dozza (BO): sceglie un tema per ogni edizione?
Si tratta di una biennale di illustrazioni legate al mondo del fantastico. Avendo io disegnato un drago, collocato all’interno della torre maggiore della rocca di questo borgo medievale, è chiaro che il riferimento è esplicito. La presenza di un drago e di un castello fa sì che ci sia una forte connotazione tolkieniana. Manca quasi un anno alla prossima edizione e non possiamo svelare quale sarà il tema però posso dire che c’è un filo conduttore collegato ad altre sottotrame. Il drago rappresenta il marchio della manifestazione. L’ultima edizione era intitolata “Il risveglio del drago”, poi c’era stata anche quella de “La nascita del drago”, quindi la prossima FantastikA sarà denominata “Il volo del drago”. Ci sono molti artisti di Lucca che partecipano alla manifestazione perché ha un’ambientazione molto suggestiva. C’è una pinacoteca sulla rocca, tutti i vigneti attorno. Siamo arrivati ormai con successo alla quinta edizione.
Dove trova l’ispirazione per ritrarre questi mondi fantastici?
Il mondo dell’arte tolkieniana è sempre stato molto rigido ma cerco comunque di offrire la mia visione. L’illustrazione fantasy, essendo più ‘pop’, è anche più in linea con il mercato, per cui la qualità va in una determinata direzione. I fan di Tolkien non accettano a priori alcune cose e questo per certi versi mi intriga e mi affascina.
Quali sono i maestri dell’illustrazione che segue?
I primi sono stati Chris Achilleos, Ciruelo Cabral, Luis Royo, Stephen Hickman e tutti gli altri artisti legati al mondo tolkieniano come i Fratelli Hildebrandt. Andando indietro nel tempo, poi, trovo ispirazione in pittori come Caravaggio. Infatti, l’ultimo calendario che ho realizzato si rifaceva molto all’arte rinascimentale per questi colpi di luce forti, le ombre nere, sfondi monocromi. Ogni tanto sperimento anche in quella direzione.